L’opportunità di monetizzazione dei contenuti non è mai stata così grande. Gente di tutto il mondo costruisce imperi con i contenuti, pubblicando e diffondendo i dettagli unici delle proprie esperienze personali. E questo grazie a internet.
Amanti del buon cibo, imprenditori, istruttori di fitness, personalità politiche… I nuovi content publisher si moltiplicano attraverso social media, piattaforme video, blog e newsletter. Dove c'è un pubblico appassionato, c’è un autore pronto alla monetizzazione dei contenuti. Nel settore si parla comunemente di “influencer”.
Chiunque può creare contenuti...
Anche se il fattore cool è essenziale in un influencer, va sfatato il mito secondo cui gli influencer apparterrebbero a un’elite. Chiunque può creare contenuti, diffonderli tramite social media, siti web, webinar o mailing list e poi monetizzarli, collaborando con i brand interessati al messaggio e al target di riferimento.
Il termine influencer è comunemente associato a enormi schiere di lettori e seguaci sui social media. Ma questa è una visione riduttiva. In realtà, i brand si rendono sempre più conto che avere tanti follower non è necessariamente sinonimo di qualità. Anzi, spesso è vero il contrario.
Un pubblico circoscritto e attivo, incline alla partecipazione, è più qualificato per generare conversioni rispetto a un grande numero di seguaci inattivi. In ogni caso, il successo sta nei contenuti. Che il loro autore sia un influencer, un affiliate marketer o un testimonial, il suo ruolo è ispirare e informare il pubblico a cui si rivolge.
Il successo sta nei contenuti. Che il loro autore sia un influencer, un affiliate marketer o un testimonial, il suo ruolo è ispirare e informare il pubblico a cui si rivolge.
In questo articolo, vi illustrerò i principali metodi di monetizzazione dei contenuti, spiegandovi perché uno di essi, spesso sottovalutato, possa dare risultati migliori. Sfaterò il mito secondo cui l'influencer marketing sarebbe diverso da altri tipi di creazione di contenuti e marketing. Infine evidenzierò l'importanza delle partnership per far crescere i vostri potenziali guadagni.
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Monetizzazione dei contenuti: come funziona
I content publisher — cioè coloro che pubblicano contenuti in internet, influencer inclusi — possono monetizzare i loro post accordandosi con i brand. Questi sono desiderosi di conoscere i modi per collaborare con chi crea contenuti.
Ma a entrambe le parti può non essere chiara la strada per una collaborazione proficua.
I brand sono desiderosi di conoscere i modi per collaborare con chi crea contenuti.
In realtà a molti sfugge cosa sia realmente un influencer. Cosa fanno esattamente gli influencer? Come fa un’azienda a iniziare una collaborazione con loro? In che modo vengono retribuiti? Beh, la risposta a queste domande può variare in modo significativo. E in effetti esistono creatori di contenuti di diversi tipi.
Metodi di monetizzazione
- Il metodo di monetizzazione più comune è quello dei post sponsorizzati. Comporta il pagamento di un compenso fisso per la pubblicazione di contenuti brandizzati. È in linea con il modello adottato da coloro che si definiscono “influencer”. Ma il problema dei post sponsorizzati è che — proprio come i cartelloni pubblicitari o gli spot televisivi — non permettono di sapere quanto sarà efficace l'annuncio pubblicitario.
- Diversamente, i metodi basati sulle performance prevedono un piano compensi basato su commissioni. Il publisher riceve una percentuale sulle vendite o un incentivo quando l’utente compie determinate azioni, come registrazioni via email, abbonamenti o download di app. Questo modello di monetizzazione è più strettamente associato all'affiliate marketing.
Per una serie di ragioni, il secondo metodo di monetizzazione dei contenuti è preferito dai brand. Il punto principale è che permette loro di investire su un content publisher senza il rischio di perdere soldi.
Ma anche per chi crea contenuti c’è un forte vantaggio commerciale nell'adozione di un metodo basato sulle performance. In effetti, i publisher pagati in base ai risultati raggiunti sono in grado di ottenere diversi vantaggi per la loro attività.
Ecco i principali vantaggi della monetizzazione in base alle performance:
- Più lavoro. La disponibilità a essere pagati tramite commissioni genera più opportunità di nuove partnership, riducendo i rischi per l'advertiser.
- Guadagni a lungo termine. Un guadagno continuativo è potenzialmente più redditizio rispetto a un compenso una tantum.
- Clienti ricorrenti. I brand di solito continuano a investire nelle partnership redditizie, consentendo ai publisher di sviluppare collaborazioni a lungo termine.
- Tracking. Il guadagno di commissioni implica la presenza di un tracking link nei post. Grazie ad esso, sia l’advertiser che il publisher possono tracciare le prestazioni, ottenendo un'analisi approfondita su cosa funziona e cosa no.
- Ottimizzazione. Collaborare sulla base delle prestazioni consente all’advertiser e al publisher di analizzare le performance dei contenuti. E rende possibile testare nuovi metodi per attrarre il pubblico, migliorando i risultati per entrambe le parti.
Tra le varie forme di monetizzazione dei contenuti, “compenso fisso” e “commissioni” sono i modelli più comuni. Ed entrambi fanno discutere. Del resto, la monetizzazione dei contenuti è un argomento di attualità, specie se si considera che sempre più publisher ne scoprono i benefici e che il mercato è in espansione.
Una questione controversa: i contenuti sponsorizzati sono autentici?
È sempre stato un obiettivo dei marketer quello di intercettare le necessità del pubblico target. E con l'era di internet il pubblico fa sentire la sua voce, chiedendo la massima trasparenza.
La scoperta di un brand deve avvenire attraverso il passaparola o tramite persone il cui parere ha valore per il pubblico. Ciò contrasta con i metodi pubblicitari tradizionali, dove conta solo quale percezione del brand abbia il mercato.
Ora le aziende si rivolgono ai creatori di contenuti. Chiedono loro di fornire al pubblico informazioni sul brand, aiutando i potenziali clienti a prendere decisioni di acquisto consapevoli. Insomma: i creatori di contenuti stanno diventando il canale di marketing più ambito a cui attingere.
Ma perché una soluzione di marketing così efficace è diventata oggetto di discussione?
Perché il meccanismo poggia soprattutto sulla trasparenza. E l’imparzialità delle opinioni, recensioni e informazioni fornite al pubblico rischia di venir meno quando entra in gioco il guadagno.
Obbligo di divulgazione
Con l’introduzione delle normative che richiedono di rendere nota la presenza delle partnership, il tema della monetizzazione dei contenuti è al centro di discussioni. Ai fini della trasparenza, la prassi della divulgazione è fondamentale. Tuttavia ciò non significa che il concetto di monetizzazione non sia etico.
Malgrado l'opinione comune, monetizzazione dei contenuti non è sinonimo di inautenticità. Infatti, i migliori creatori di contenuti sono fortemente impegnati a fornire un'esperienza autentica.
Malgrado l'opinione comune, monetizzazione dei contenuti non è sinonimo di inautenticità. Infatti, i migliori creatori di contenuti sono fortemente impegnati a fornire un'esperienza autentica. Il mito secondo cui i contenuti sponsorizzati sarebbero inautentici e ingannevoli deve essere dissipato.
L’esperienza di Jack Conte
In occasione di PatreCon 2017, l'evento annuale dedicato ai creatori di contenuti, Jack Conte, CEO della piattaforma per artisti Patreon, ha parlato del suo percorso come autore di musica. Ha descritto la sua paura di essere considerato come “in vendita” quando Hyundai ha proposto di sponsorizzare i video della sua band. Tuttavia, la partnership non solo ha fruttato dei soldi che poi sono stati reinvestiti nella band, ma ha anche dato alla sua musica un pubblico più ampio.
Il gruppo ha colto un'opportunità. E nel tempo è stato in grado di fornire ai fan una qualità musicale ancora più elevata. In definitiva, la decisione è stata presa nell'interesse del pubblico.
Come scegliere?
I content publisher si trovano davanti allo stesso dilemma. E per avere successo devono rispettare queste priorità:
- Soddisfare il pubblico. Per avere successo a lungo termine, i creatori di contenuti devono condividere messaggi che abbiano un valore. E questo significa collaborare solo con brand che offrono qualcosa di valido per il loro specifico pubblico. Devono chiedersi cosa vuole conoscere il pubblico, a cosa è interessato o come contribuire a risolvere un suo problema. Oggi i creatori di contenuti di alto livello non rischiano di promuovere un brand che non piace ai loro seguaci. Proprio come le aziende di successo, i publisher devono garantire un’ottima esperienza agli utenti; e questo significa mettere al primo posto le esigenze del pubblico.
- Trovare il modo migliore per monetizzare i contenuti. Proprio come ha fatto Jack, gli autori di contenuti devono selezionare ciò che è più adatto in base ai loro obiettivi a lungo termine. Deve trattarsi di un qualcosa che risulti autentico per la loro attività.
La nuova era nella monetizzazione dei contenuti
Se ricordate com’era il mondo prima dei social media, pensate a quando avete sfogliato una rivista con delle pubblicità tradizionali.
Quel tipo di pubblicità ha fondamentalmente due formati.
- Il primo è il formato classico (pensate a una pagina dove campeggia un Rolex).
- Il secondo consiste nella pubblicità nativa. Occorre leggere tra le righe per distinguerla, perché si inserisce nel contesto, è poco appariscente e di natura organica. Avete presente i suggerimenti dell'autore su come ottenere un look, scoprire un segreto di bellezza o trovare un vestito al prezzo più conveniente?
Per una rivista, contenuti di quest'ultimo tipo rappresentano un modo per realizzare un guadagno extra. Le aziende pagano per essere menzionate in un messaggio rivolto al loro pubblico target; e se l'operazione è condotta nel modo giusto, può generare un flusso di entrate per la rivista, offrendo contemporaneamente un grande valore al lettore. Tanto più che di solito ci si affida a un team editoriale per selezionare i brand da menzionare.
Oggi, gli influencer digitali hanno accolto la sfida di monetizzare i loro contenuti anche attraverso la pubblicità nativa. E prendono tutte le decisioni necessarie per selezionare brand, prodotti ed esperienze da condividere col pubblico.
In passato, l’unico modo logico per pagare la pubblicità — che si trattasse di un testimonial o di una pubblicità nativa pubblicata su una rivista — era negoziare un importo fisso. Ma ciò accadeva prima dell’era digitale. Ora invece esistono strumenti per misurare con facilità le performance di marketing.
In passato, l’unico modo logico per pagare la pubblicità — che si trattasse di un testimonial o di una pubblicità nativa pubblicata su una rivista — era negoziare un importo fisso. Ma ciò accadeva prima dell’era digitale. Ora invece esistono strumenti per misurare con facilità le performance di marketing.
Misurazione delle performance
Con i media digitali, publisher e aziende possono determinare esattamente l'efficacia dei contenuti pubblicitari, arrivando a stabilire da quale fonte, in quale giorno e a che ora hanno ottenuto un cliente.
Grazie ai dati in loro possesso, le aziende possono prendere le decisioni più idonee a rendere produttivi i loro investimenti pubblicitari. Riescono a identificare il publisher che porta più clienti, più profitti e più clienti ricorrenti. E possono selezionare la fonte di referral che determina il massimo ritorno sulla spesa pubblicitaria. Ecco perché i publisher devono essere muniti dei dati sulle loro performance, disposti a sperimentare più formule di monetizzazione e capaci di descrivere in modo chiaro il loro valore alle aziende.
Ecco perché i publisher devono essere muniti dei dati sulle loro performance, disposti a sperimentare più formule di monetizzazione e capaci di descrivere in modo chiaro il loro valore alle aziende.
Grazie ai media digitali, i publisher hanno più opzioni tra cui scegliere per la monetizzazione dei contenuti; e gli advertiser sono in grado di misurare il loro valore. Tutto questo può avvantaggiare i creatori di contenuti, le aziende e anche i consumatori.
I principali 3 errori commessi dagli influencer nella monetizzazione dei contenuti
Per essere professionisti in questo settore, dovete sapervi distinguere. Infatti sempre più utenti puntano sulla monetizzazione dei contenuti; e la concorrenza per attrarre l'attenzione dei brand continua a crescere.
Se volete conquistare le aziende e fare in modo che investano su di voi, ecco 3 errori frequenti da evitare.
1. Media kit e vanity metrics
Molti creatori di contenuti, in particolare quelli che si definiscono influencer, offrono quello che viene chiamato un media kit. Ma spesso i media kit sono inadeguati.
Un media kit è la sintesi di ciò che il publisher ha da offrire alle aziende. Idealmente lo scopo è aiutare le aziende a valutare l’opportunità di una collaborazione. Ma la maggior parte dei media kit non offre le informazioni realmente necessarie all'advertiser per stabilire se investire in una partnership.
Il tipico media kit include le metriche che determinano il valore del publisher. E il problema è che spesso ci si concentra sulle cosiddette vanity metrics.
Le vanity metrics sono elementi come: media di like su un post, livello medio di engagement, numero di follower e lettori, impressions del blog e clic di pagina. In realtà questi dati sono utili al publisher per comprendere il suo posizionamento nel settore, ma non all’advertiser. Quest’ultimo ha soprattutto necessità di conoscere il rendimento di un investimento pubblicitario, in base ai dati qualitativi e quantitativi sulle performance.
Quando un publisher non fornisce parametri chiari, limita il potenziale della sua attività.
Quali dati interessano agli advertiser?
Agli advertiser interessano dati come:
- Click through rate medio
- Tasso medio di conversione
- Dati demografici dell’audience
- Dati comportamentali, ad esempio interessi del pubblico o affinità con altri brand
Per loro è anche importante capire le esigenze degli utenti, i punti dolenti, le sfide e le soluzioni che migliorerebbero la loro vita, che si tratti di quotidianità, lavoro e carriera, vacanze, ecc.
Oltre a ciò, gli advertiser vogliono avere informazioni sul tipo di brand e aziende a cui risponde meglio un'audience. Un’analisi di questo tipo aiuta a capire un determinato pubblico, la sua sinergia col brand e se c’è l’affinità giusta per una partnership.
In definitiva, l'advertiser cerca una metrica chiave: il ritorno sulla spesa pubblicitaria.
In definitiva, l'advertiser cerca una metrica chiave: il ritorno sulla spesa pubblicitaria. Non è un dato che i publisher possono individuare autonomamente, senza comunicare in modo chiaro con i loro advertiser. Ma consente ai publisher di essere competitivi rispetto a chi non offre questo tipo di dati.
Un rapporto dare / avere
Le partnership si fondano su un rapporto dare / avere ed è importante che entrambe le parti siano responsabili delle loro prestazioni. In quest'ottica, la condivisione di informazioni prima e dopo una campagna porterà a risultati migliori.
Capire ciò che l’advertiser si aspetta di guadagnare dallo scambio fa la differenza nello sviluppo di una partnership redditizia a lungo termine. Esistono altri obiettivi oltre alle vendite che i brand hanno in mente. E chi crea contenuti può offrire vantaggi in più modi.
I publisher possono attingere alle metriche che aiutano a descrivere il valore di una partnership con loro. Ad esempio, quanti follower iniziano a seguire il brand (in media) come risultato della promozione; oppure il numero di condivisioni del contenuto brandizzato o quanti utenti si sono iscritti alla newsletter del brand.
Insomma, capire come un pubblico interagisce con il brand è fondamentale non solo per costruire delle partnership a lungo termine, ma anche per conquistare nuovi clienti. E includere questo tipo di dati nel media kit può cambiare le cose.
Concentratevi meno sulle vanity metrics e più sui benefici che un brand può aspettarsi di ottenere.
2. Definirvi “influencer”
Il secondo errore che commettono i creatori di contenuti è definirsi “influencer”, “affiliate marketer” o cose simili. È vero, “influencer” suona più cool rispetto a “creatore di contenuti con un vasto pubblico che guadagna pubblicando contenuti promozionali”. Ma il termine influencer indica che il publisher adotta solo un particolare modello di monetizzazione. E questo può rappresentare un grosso limite per le aziende, scoraggiandole dall'impegnarsi in una partnership.
Invece il termine “affiliate marketer” ha uno stigma spesso difficile da far dimenticare. Non ha lo stesso peso di “influencer”. E implica un focus minore sui contenuti e un’attenzione maggiore sui metodi promozionali, come le campagne a pagamento.
Oggi l'affiliate marketing è un canale di marketing molto quotato, redditizio e di impatto per le aziende. Ma non è sempre stato così. Purtroppo il termine ha una connotazione negativa per coloro che non comprendono pienamente la sua natura. Per questo motivo, classificandovi come affiliati potreste indicare agli advertiser che il vostro contenuto non è prezioso come quello di un influencer.
Differenza tra un influencer e un affiliato
Per fare chiarezza, un influencer chiede generalmente un compenso fisso per i contenuti e di solito viene ingaggiato dalle aziende con l'obiettivo di costruire la brand awareness. Questo lega la tipologia dei suoi contenuti alla prima fase del funnel di vendita, con una minore responsabilità rispetto all’effettiva conversione. Come gli endorsement delle celebrità, le raccomandazioni degli influencer non sono finalizzate a incrementare le vendite dirette. Il loro scopo è piuttosto quello di diffondere la popolarità e la visione positiva del brand nel lungo periodo.
Viceversa, un affiliate marketer tipicamente monetizza i contenuti con un metodo basato sulle performance; dunque riceve un compenso che consiste in una commissione nella percentuale concordata per ogni vendita, lead o download generato per l’advertiser. In questo caso, il focus tende a essere sulla parte finale del funnel di vendita, dove il publisher è incentivato a chiudere l'affare. L’aspetto positivo di questo metodo è che il tracking link unico consente all’advertiser di determinare esattamente il vantaggio ottenuto. E nel tempo, il rapporto tra le due parti può evolversi il modo molto redditizio.
A nessuno importa chi siete. Sono i vostri contenuti a definirvi.
Ecco il segreto: a nessuno importa chi siete. Sono i vostri contenuti a definirvi. Ed entrambi i modelli che abbiamo visto hanno valore solo come metodi di monetizzazione dei contenuti. Alle aziende non importa se siete influencer, affiliate marketer, brand ambassador o qualcosa di simile. Il punto è che solo se informate, istruite, stimolate o ispirate il pubblico siete preziosi per un brand.
Alle aziende non interessa se siete influencer, affiliate marketer, brand ambassador o qualcosa di simile. Il punto è che solo se informate, istruite, stimolate o ispirate il pubblico siete preziosi per un brand.
Probabilmente le aziende investiranno su di voi se vi munite dei dati giusti, che mostrino quale sarà il loro ritorno sulla spesa pubblicitaria.
Il che ci porta all’errore più grande di tutti.
3. Limitarvi a un unico modello di monetizzazione dei contenuti
Indipendentemente da come scegliete di definire la vostra professione, esistono più modelli in cui le partnership con le aziende possono concretizzarsi.
Tutto ciò che un advertiser vuole davvero sapere è se raggiungerà i propri obiettivi investendo in un creatore di contenuti. Raggiungerà i risultati di marketing prefissati grazie al lavoro del publisher? Otterrà nuovi clienti, più vendite, nuove iscrizioni o download di app? E alla fine, a breve o a lungo termine, le vendite renderanno più dei costi sostenuti per la pubblicazione dei contenuti?
Con un modello di marketing basato sulle performance, gli advertiser pagano solo per il valore che ricevono direttamente. Invece con i post sponsorizzati pagano per la creazione di contenuti senza conoscere il ritorno che ottengono. Inoltre, è molto più difficile per un’azienda monitorare il valore dei post sponsorizzati, perché in genere questi non contengono il link alla pagina di prodotto.
I brand stanno iniziando a chiedere di più agli influencer.
Anche se nel settore la prassi è sempre quella di riconoscere un compenso fisso, gli advertiser sono orientati sempre più spesso verso modelli simili all’affiliazione, che consentono di retribuire i publisher solo al raggiungimento dell'azione desiderata. La responsabilizzazione e il basso rischio tipici del modello basato sulle performance possono rappresentare un vantaggio per entrambe le parti.
Allora perché la maggior parte degli influencer è esitante rispetto al modello di commissioni basate sulle performance? Ecco i motivi principali:
- I post sponsorizzati rimangono la prassi, in particolare su piattaforme dove è difficile includere i link (come Instagram).
- Le commissioni fisse sono prevedibili e più comode per i publisher che non hanno familiarità con altri modelli. L’influencer ha chiaro l’importo che guadagnerà.
- Chi non conosce le proprie metriche relative a performance e dati dell’audience, non sa quantificare il guadagno di un post in termini di commissioni.
- La creazione di contenuti richiede tempo e in molti casi denaro. È più facile investire nello sviluppo di contenuti di alta qualità quando le aspettative di guadagno sono ben delineate.
Quindi, che metodo dovreste usare per la monetizzazione dei contenuti?
Il potere delle partnership
Otterrete dei frutti se collaborerete con i brand considerandoli come “Partner” e non come “transazioni”. Identificate le aspettative reciproche e trovate una formula che assicuri il massimo grado di soddisfazione a entrambe le parti.
Non si tratta necessariamente di scegliere un modello di monetizzazione o l'altro. Piuttosto, siate aperti a entrambi o considerate i vantaggi di una soluzione ibrida. Ad esempio, può essere previsto un investimento iniziale da parte del brand, per compensare in anticipo i vostri sforzi.
L’investimento iniziale sarà inferiore rispetto al compenso fisso di un tipico post sponsorizzato, perché il compenso ulteriore avverrà mediante commissioni. Così potrete raccogliere nel tempo i frutti della monetizzazione dei contenuti, senza limiti di guadagno. Quale sia la scelta migliore dipende dai vostri dati, dagli obiettivi aziendali e dalla solidità della partnership.
Se pubblicate contenuti, potete guadagnare
Indubbiamente potete monetizzare meglio i vostri contenuti se conoscete le vostre metriche. Non prestate eccessiva attenzione alle vanity metrics (conteggio dei follower, like, impressions, ecc.). Invece, cercate di capire come offrire valore al brand che promuovete. Non disponete ancora di alcune metriche difficili da cercare? Concentratevi sui vantaggi in termini di qualità e caratteristiche del vostro pubblico, sulla sua propensione a visitare i siti da voi suggeriti e sul tipo di contenuti che ama di più.
Non importa come scegliate di definirvi. Influencer, affiliati o creatori di contenuti — se pubblicate contenuti, potete guadagnare. Le partnership di successo si fondano su un’esperienza di valore. Focalizzatevi sia sul pubblico, sia sul modo per raggiungere gli obiettivi del brand sponsorizzato.
In definitiva sta a voi e alle aziende determinare qual è il metodo migliore per la monetizzazione dei contenuti. E potete stabilirlo solo sulla base dei dati relativi a performance e comportamento del pubblico, possibilmente già pronti da condividere.
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Articolo originale di Laura Andersen, tradotto da Maria Teresa Cantafora.
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